La SLA dopo 2 anni di pandemia

Un momento di confronto, per un bilancio e una nuova programmazione dopo i due anni pandemia.

Si è svolta lunedì 28 febbraio, in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, la tavola rotonda di AISLA Firenze con ospiti alcuni dei professionisti della salute; molti i partecipanti collegati.

I due anni di pandemia rappresentano una frattura ma AISLA Firenze “ha saputo continuare il suo lavoro per aiutare chi ha bisogno”, come ha ricordato la Presidente Barbara Gonella. Purtroppo, la pandemia ha inciso pesantemente: “A fine 2020 sono decedute 28 persone, contro una media annuale di circa 16 e ciò si deve all’isolamento e alla contrazione dei servizi, soprattutto nei primi mesi di lockdown. Da qui – ha aggiunto – il nostro impegno attraverso i servizi online e i servizi di assistenza ripresi il prima possibile in presenza”.

La risposta delle Istituzioni sanitarie

“Il covid è stato una tragedia per tutti, a maggior ragione per i malati gravi e cronici. Il nostro protocollo nasceva durante il covid, le ultime revisioni erano state prima del lockdown ma questo non ha inficiato i progressi e il duro lavoro svolto. Abbiamo cercato di sopperire con i contatti personali”, ha spiegato la Dott.ssa Alessandra Borgheresi, Neurologa SOC Neurologia Osp. San Giovanni di Dio. “Questo per prevenire grandi criticità prima che si manifestassero. Il covid non ci ha fermato, anzi abbiamo applicato il protocollo. Inoltre, per fortuna, abbiamo acquisito nuove risorse in neurologia così da dedicarle ai pazienti che ne avessero necessità”.

Sulla stessa linea la Dott.ssa Sabrina Matà, Neurologa SOC Neurologia AOU Careggi – Team SLA che ha ricordato: “Careggi è stata coinvolta in prima linea in questa pandemia. La neurologia ha dovuto cedere una buona parte dei suoi letti per l’emergenza ma le diagnostiche sono state fatte ed è stato assicurato il servizio”.

La malattia è particolarmente provante anche per il benessere mentale. “Nel periodo più duro dell’isolamento – ha proseguito la Dott.ssa Daniela Benemei, Psicologa clinica e Psicoterapeuta – abbiamo mantenuto il sostegno psicologico, che è essenziale in ogni fase della malattia. Abbiamo combattuto la solitudine e il senso di abbandono, seppur in remoto. Per elaborare il lutto e la perdita del caro – ha aggiunto parlando del progetto di medicina narrativaè importante scrivere, raccontare, fissare con scritti e immagini. Proprio per questo, abbiamo lanciato una nuova raccolta di scritti e pensieri della pandemia aperta ad associati, malati, caregiver ma anche volontari, curanti e amici”.

Le testimonianze

“Il covid di ha privato di tanti baci e abbracci”, confida Piera raccontando la diagnosi della SLA a sua madre che si è abbattuta sulla sua famiglia nel momento peggiore. “Per fortuna non è mai mancato il supporto della comunità di AISLA Firenze”, scrive ancora. E poi quella di Alessandro che, severamente rimproverato per non aver indossato la mascherina, ebbe la forza e l’ironia di replicare: “Sono dispensato per insufficienza respiratoria. A qualcosa servirà pure la SLA!”.

“Il nostro lavoro si divide in erogazione di servizi e advocacy e non conosce soste”, ha aggiunto Gonella. “I disservizi e le carenze sono all’ordine del giorno ancora e non solo per il Covid, soprattutto sul fronte della fisioterapia, del riconoscimento dell’invalidità – che chiediamo sia immediata in caso di malattia grave – e dei benefici della 104. Abbiamo assistito a fin troppi ritardi che non sono rispettosi della dignità della persona e lavoreremo sempre, a contatto e in collaborazione con le Istituzioni, perché non si ripetano”.

L’importanza della fisioterapia

Infine, Giorgio Solazzi, Presidente Studio associato Fisiostandard, ha spiegato l’importanza della fisioterapia: “Si tratta di un supporto imprescindibile per il benessere della persona con SLA e ha una ricaduta psicologica estremamente positiva. Il fisioterapista è colui che entra in casa del paziente regolarmente e instaura con lui/lei e il caregiver un rapporto molto stretto di fiducia e di confidenza. Oltre all’attività fisica insegniamo come mobilizzare in modo sicuro e corretto il paziente, valutiamo gli ausili più necessari e molto spesso sviluppiamo un rapporto stretto di collaborazione con il medico curante, con il fisiatra o il neurologo di riferimento, con l’infermiere di famiglia: è un gioco di squadra”.

Il video completo: https://youtu.be/2Pgu1dIjdLE

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